COMUNICATO STAMPA
Colà di Lazise (VR), 3 novembre 2025
La IX Commissione permanente del Senato ha approvato il 30 u.s. all’unanimità la risoluzione (Doc XXIV) relativa alla deregolamentazione dei nuovi OGM, i prodotti delle Nuove Tecniche Genomiche assumendosi la pesante responsabilità di cancellare di un sol colpo 25 anni di legislazione che hanno garantito all’agricoltura italiana ed ai consumatori prodotti con l’etichetta “libero da ogm”.
Noi, che siamo un’organizzazione di contadin@, di cooperative di produttori bio, di viticoltori nelle zone a denominazione, di allevatori che producono formaggi a denominazione protetta, di lavoratori della terra in aziende che godono della protezione “liberi da OGM” per i loro prodotti non solo rigettiamo la risoluzione ma restiamo esterrefatti per le argomentazioni usate per giustificare tale decisione.
Premesso che la normativa (la direttiva 2001/18 e la sua Lex specialis applicabile alle piante ottenute con tecniche NTG o la proposta di “nuovo regolamento NTG”) non riguarda le tecniche (NTG), ma gli organismi o le piante ottenuti con tali tecniche e disseminati nell’ambiente, non riprendiamo qui il commento a tutte le premesse presenti nella risoluzione perché le ragioni addotte sono esattamente quelle ripetute fin dal 2023 dalle grandi industrie sementiere multinazionali europee che dominano il mercato mondiale (4 delle prime sei imprese del settore sono europee, compresa la prima di questa graduatoria – cfr OCSE) e che sono state smentite da un paragrafo lapidario della CURIA, evidentemente non citato dalla risoluzione “Come constatato al punto 30 della presente sentenza, si deve ritenere che gli organismi prodotti con tecniche o metodi di mutagenesi come quelli di cui al procedimento principale rientrino nella nozione di OGM contenuta nell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18. Di conseguenza, le varietà ottenute mediante tecniche o metodi di mutagenesi, …, devono altresì essere ritenuti rientranti nella nozione di «varietà geneticamente modificate», di cui all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2002/53”.
E’ sconcertante come gli onorevoli non si rendano conto della gravità dell’’affermazione (nel testo della risoluzione) “ le TEA infatti non solo non inseriscono nell’organismo ricevente materiale genetico estraneo ma, in alcuni casi, i prodotti contenenti piante o costituiti da piante ottenute tramite TEA non possono essere distinti, …., dai prodotti contenenti piante o costituiti da piante coltivate con metodi di selezione convenzionali” ignorando volutamente la questione dei brevetti. Vorremmo ricordare che i brevetti non riguardano i 50-80 caratteri fenotipici che descrivono le varietà vegetali (non brevettabili), ma tutte le piante che esprimono un solo (a volte due o tre) carattere particolare derivante dall’invenzione. La portata del brevetto, poi, si estende a tutte le piante che presentano questo carattere (funzione) e contengono una materia biologica o un’informazione genetica determinata derivante da un processo tecnico brevettabile e che “esprimono” questa funzione, indipendentemente dalla varietà o dalla cultivar a cui appartengono. Cosi si consente una privatizzazione di caratteri che sono, o possono essere, comuni a piante già coltivate nei nostri campi o, ancora più grave, a piante di un’intera specie, con ciò l’affermazione contenuta nella risoluzione “– nell’ottica di preservare le matrici autoctone dei vari territori… per contribuire a valorizzare l’agrobiodiversità nazionale… salvaguardandone l’identità genetica e le caratteristiche distintive ” non solo è priva di significato giuridico e suona decisamente ridicola.
Non a caso la questione dei brevetti sui prodotti NGT blocca fin dal 2023 l’avanzata della proposta della Commissione europea di de-regolamentazione dei nuovi OGM. I brevetti sono una preoccupazione principale per gli agricoltori, a causa dei rischi associati alla contaminazione accidentale, all’estensione abusiva dell’ambito dei brevetti, ai rischi di procedimenti per violazione dei diritti di brevetto e alla limitazione del diritto di utilizzare sementi proprie da parte degli agricoltori.
La risoluzione approvata, in una sorte di sussulto nazionalistico, sostiene “ … alla luce degli straordinari risultati di laboratorio ottenuti,” risultati di cui però non c’è traccia negli archivi dei brevetti riconosciuti o depositati da istituzioni italiane. Al momento in cui scriviamo, dopo aver consultati gli archivi europei e le banche date specializzate, questi sono i risultati: “molti brevetti sono detenuti da grandi multinazionali” (es. Bayer, Corteva, Syngenta) o da consorzi di ricerca internazionali. Di seguito le informazioni sulla presenza di brevetti italiani relativi a prodotti ottenuti con l’edizione del genoma alla data del 30.10.2025 “brevetti IT su CRISPR / gene editing /piante (2000–2025), rilevati due brevetti: IT201700016321A1 del 14.08.2018 e ITRM20030242A1 (IT RM20030242A1) del 20 novembre 2004. In particolare l’ultimo brevetto è commentato con “Brevetto più datato ma con famiglie internazionali (EP/WO/US/CN). Metodo per produrre piante transgeniche — contesto tecnico rilevante per editing” che come dice la descrizione del brevetto “è un metodo per produrre piante transgeniche” considerando i risultati dell’editing come prodotti OGM.
Ricordiamo che niente al momento impedisce l’uso in laboratorio di tecniche di Next Generation Sequencing (NGS) e di Whole Genome Sequencing (WGS) in agricoltura . Quello che è utile sapere però è che le informazioni genetiche digitalizzate (DSI) sono oggetto di un lungo negoziato internazionale ancora in corso per stabilire se su queste informazioni si possa mettere un brevetto (per quanto riguarda le risorse genetiche vegetali – semi – questo è vietato dall’art 12.3.d del ITPGRFA). Forse che gli onorevoli con questo paragrafo intendevano proporre che le industrie che realizzano NGS o WGS possono brevettare queste informazioni?
Noi riteniamo che “…la definizione di una normativa unionale chiara ed efficace in materia di piante ottenute…” con procedimenti di edizione del genoma esista ed abbia dato nel corso dei decenni prova di efficacia, sia consentendo ai consumatori e agli Stati di decidere le proprie politiche nell’uso degli OGM sia agli agricoltori che vi hanno trovato uno strumento di difesa – anche come barriera non tariffaria – da prodotti coltivati con sementi OGM provenienti da paesi che ne consentono la coltivazione a costi infinitamente più bassi dei nostri.
Così non accettiamo l’uso di affermazioni che al momento sono prive di prova come ”…agevolare il contributo delle TEA alla sostenibilità del sistema agroalimentare sia per ottenere varietà più produttive e resistenti a patogeni e stress ambientali…, posto che in alcuni Paesi del mondo già si producono piante tramite TEA indistinguibili, come evidenziato, dalle piante convenzionali” . In verità risulta che sono pochissimi i prodotti già commercializzati o in stato di avanzata sperimentazione: Pomodoro GABA (Giappone) – Modificato con CRISPR per aumentare il contenuto di acido gamma-aminobutirrico, con proprietà benefiche per la salute ma venduto solo per hobbisti; Soia ad alto acido oleico (USA) – Sviluppata con CRISPR per produrre un olio più salubre e stabile,; Grano a basso contenuto di glutine – In sviluppo per persone con sensibilità al glutine (non celiaci); Riso resistente alla siccità – Varietà in fase di sviluppo per affrontare la scarsità d’acqua. A cui possono essere aggiunti alcuni prodotti in fase di ricerca avanzata per affrontare il cambio climatico: Mais tollerante alla siccità – Con miglioramenti nell’efficienza d’uso dell’acqua; Frumento resistente a malattie fungine – Per ridurre l’uso di fungicidi; Colza resistente agli stress ambientali – Con maggiore produttività in condizioni difficili; Pomodori tolleranti alla salinità – Per coltivazione in suoli compromessi dal cambiamento climatico. Promesse di laboratorio la cui entrata in commercio è stimata tra i 5 ed i 10 anni, promesse utili solo a dragare finanziamenti pubblici.
Detto diversamente oltre questo misero elenco di prodotti di cui già coltivabile, in totale, sono solo un numero inferiore a cinque, niente lascia prevedere l’arrivo di una valanga di prodotti agricoli ottenuti con tecniche di edizione del genoma sul nostro mercato e nei nostri campi. Per vincere la concorrenza sleale, se del caso, basta applicare la normativa vigente che ci dichiara “paese GMO free” ed vietarne l’uso, in difesa della nostra sovranità alimentare. Le norme ci sono, non serve approvare un nuovo regolamento che abbatte le difese che fino ad oggi ci hanno consentito un vantaggio sia nel mercato interno europeo che quello internazionale.
Inoltre, poiché l’industria sementiera multinazionale domina il mercato delle sementi per le maggiori coltivazioni, mentre quello degli ortaggi in particolare è dominato da ditte di piccola e media dimensione, queste saranno alla mercé delle grandi imprese globali da cui dovranno acquistare licenze e da cui dovranno difendersi dalle accuse di pratiche commerciali abusive per violazione dei diritti di brevetto per varietà da loro create che possono contenere caratteri già brevettati da altri di cui possono non conoscere l’esistenza di tale brevetto perché – allo stato della discussione sul nuovo regolamento NGT – niente è detto sull’obbligo della tracciabilità analitica, rendendo obbligatorio per il richiedente l’autorizzazione di una NGT pubblicare le informazioni che consentano di rilevare e identificare tale NGT ed il carattere coperto da brevetto.
Ricordando che l’innovazione in agricoltura non richiede soluzioni miracolose, ma lenti progressi verso una transizione ecologica che difenda la diversità e specificità delle nostre produzioni, noi chiediamo al Governo di impegnarsi a rigettare l’approvazione del regolamento in discussione al trilogo, a imporre comunque l’esclusione di ogni brevettabilità dei prodotti NGT per l’agricoltura a salvaguardia dei nostri ecotipi, varietà tradizionali, varietà locali, varietà contadine, del diritto di semina e risemina da parte degli agricoltori, a salvaguardia delle industrie sementiere di piccola e media dimensione che rappresentano la quasi totalità delle imprese sementiere di questo paese. L’esclusione dei prodotti NGT dal rispetto delle attuali normative sugli OGM in definitiva produrrà un danno economico all’agricoltura di questo paese, all’industria agroalimentare che non potrà fregiarsi del valore aggiunto “prodotto senza OGM”, ai moltiplicatori di sementi di varietà convenzionali di cui non potranno garantire la purezza ed, in definitiva, all’immagine del paese stesso che rinuncia dopo 25 anni ad una politica che ha dato ottimi risultati ed ottenuto il favore della maggioranza dei consumatori.
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per approfondire rimandiamo all’opuscolo che abbiamo pubblicato ocn ECVC sui rischi della deregolamentazione https://www.assorurale.it/2025/11/01/online-la-versione-italiana-dellopuscolo-informativo-di-ecvc-su-ngt-tea-e-brevetti/