Colà di Lazise, 26 Ottobre 2020

L’indirizzo assunto dal Consiglio dei Ministri AgriFish UE e dall’Europarlamento sulla PAC post 2020 (390 miliardi di euro per i prossimi sette anni) spolvera di verde lo status quo, non affrontando i nodi cruciali del sistema agricolo europeo nel mercato globalizzato.

ARI ribadisce che le aziende agricole di piccole dimensioni devono rimanere al centro delle politiche agricole comunitarie e nazionali, in quanto svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere l’occupazione rurale, contribuendo allo sviluppo territoriale e garantendo il diritto all’accesso al cibo.

Solo il 6% dei pagamenti diretti nazionali -di cui almeno il 30% in eco-schemi- sarà vincolato a sostenere le aziende agricole di piccole e medie dimensioni, e solo il 2% i giovani agricoltori. Il massimale di pagamenti diretti annuali, il cosiddetto capping, dopo essere stato abbassato a 100mila euro dai 150mila attuali, diventa di fatto volontario per gli Stati membri, vanificando così ogni tentativo di redistribuzione degli aiuti e di salvaguardia delle piccole aziende.

Mentre il dibattito pubblico si concentrava quasi esclusivamente sulle questioni di carattere ambientale della PAC, a Bruxelles si è verificata l’ennesima capitolazione dei gruppi parlamentari davanti agli interessi dell’agricoltura industriale e corporativa. Gli europarlamentari, chiamati a rappresentare oltre 10 milioni di contadine e contadini europei, due terzi dei quali con aziende inferiori ai 5 ettari, continuano ad anteporre gli interessi della minoranza industriale favorendo la concentrazione delle terre e la scomparsa delle piccole aziende. In questo quadro, nessun accenno a chi lavora la terra da parte delle organizzazioni di categoria italiane ed europee, troppo impegnate a promuovere il greenwashing, la “competitività”, l’export e il commercio internazionale.

A proposito di ambientale, ARI sottolinea come il sistema degli eco-schemi faccia riferimento a pratiche ecocompatibili piuttosto che ai sistemi agroecologici promossi dai movimenti per la sovranità alimentare. Ciò significa che l’agricoltura di precisione e la tecnologizzazione saranno riconosciute e sovvenzionate come “sostenibili”, a beneficio delle grandi aziende intensive che dispongono di risorse finanziarie.
In nessun caso la transizione agroecologica può avvenire senza una radicale riforma del sistema attuale. Ne è un esempio la decisione del Parlamento di abbandonare la ridefinizione della normativa sul benessere animale, continuando a sovvenzionare gli allevamenti intensivi esattamente come in passato.

Mentre da ora partirà il Trilogo, una fase di negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio per giungere alla ratifica congiunta dei regolamenti, ampia autonomia è demandata agli Stati membri sulla definizione dei Piani strategici e sull’uso dei fondi residui per la transizione, dal 2021 al 2023.
Dopo l’importante vittoria dell’inserimento della condizionalità sociale per il rispetto dei diritti dei lavoratori nel regime di aiuti europei, la battaglia di ARI e del Coordinamento Europeo Via Campesina si sposta a livello nazionale, ben consapevoli che ogni forma di nazionalizzazione della PAC è un passo verso l’indebolimento delle istanze di contadine, contadini e lavoratori rurali.

Con questa PAC, in definitiva in Europa non si potrà ancora parlare di sovranità alimentare e diritto al cibo di qualità per tutte e tutti. ARI richiama al rispetto degli obiettivi economici e sociali sanciti dagli articoli 39 e 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), tesi a “rinforzare la coesione economica, sociale e territoriale dell’UE, prestando particolare attenzione alle zone rurali”. La sovranità alimentare, l’agricoltura agroecologica e contadina di piccola scala e uno sviluppo rurale equo, solidale e reale sono le strade da percorrere.

 

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