Colà di Lazise, 9 novembre 2020

Nel disastroso panorama della riforma della PAC da poco licenziata dal Parlamento Europeo c’è un piccolo spiraglio di luce: la condizionalità sociale a cui verranno sottoposti i contributi erogati. Questo semplice principio di giustizia sociale – che sancisce come non si debbano dare, o si debbano togliere, fondi pubblici a chi si macchia di reati legati allo sfruttamento del lavoro – finora non era mai stato inserito nell’impalcatura del più importante programma del bilancio UE, che ammonta a poco meno del 35% del suo bilancio annuale, circa 390 miliardi di euro per i prossimi sette anni.

L’emendamento approvato, il numero 732, sancisce che “i beneficiari che ricevono pagamenti diretti […] sono soggetti a una sanzione amministrativa se non rispettano le condizioni di lavoro e contrattuali applicabili e/o gli obblighi del datore di lavoro derivanti da tutti i pertinenti contratti collettivi e dalla legislazione sociale e del lavoro a livello nazionale, dell’Unione e internazionale”.

ARI, insieme al Coordinamento Europeo Via Campesina (ECVC), si è battuta per oltre 10 anni per questo importante risultato. Ora chiediamo che, come previsto dalla normativa, il Governo italiano inserisca questo principio all’interno del Piano Strategico Nazionale della nuova PAC, implementando efficacemente un apparato di controllo e sanzionatorio appropriato nel più breve tempo possibile. Ricordiamo che l’Italia nel 2018 è stata beneficiaria del 9,5% di tutti gli aiuti PAC a livello europeo, dei quali oltre 3,6 miliardi di euro in aiuti diretti. Non un euro dei prossimi pagamenti diretti dovrà esulare dalla condizionalità sociale!

In queste settimane i contenuti del Piano Strategico stanno venendo discussi a livello nazionale tra il Ministero, le maggiori organizzazioni di categoria e le amministrazioni locali, anche se in modo poco trasparente e inclusivo.

Inoltre manca poco ormai all’inizio del Trilogo, il negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio Europeo che giungerà a ratificare i regolamenti della prossima PAC.

Quale tipo di cibo ci troveremo nei nostri piatti nei prossimi 7 anni? Sarà un cibo socialmente più giusto, oppure continueremo a sentire il gusto amaro dello sfruttamento finanziato anche con denaro pubblico?

ARI continuerà la mobilitazione per una PAC più equa e vicina all’agricoltura di piccola scala, agroecologica e contadina, chiedendo:

  • lo stop ai fondi per la tecnologizzazione, che spaccia per sostenibilità gli investimenti milionari dell’agroindustria;
  • la fine delle politiche a sostegno del mercato internazionale, della “competitività” e dell’export, che concentrano risorse e potere e spazzano via i contadini, e l’adozione di misure di sostegno al lavoro agricolo;
  • l’arresto del sostegno alla finanziarizzazione e alla dematerializzazione dell’agricoltura, che limita il pieno rispetto dei diritti contadini, tra cui l’accesso alla terra, la gestione delle sementi e della biodiversità.

LEGGI QUI IL COMUNICATO STAMPA COMPLETO!

 

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