03 Ottobre 2022

Sabato primo ottobre a Milano presso il Coldiretti Village la presidente del consiglio in pectore Giorgia Meloni ha fatto la sua prima uscita pubblica dopo aver vinto le elezioni politiche di domenica 25 settembre.

Durante la chiacchierata fatta a beneficio di funzionari e dirigenti Coldiretti e la massa di giornalisti intervenuti a questo evento sia Giorgia Meloni che i vertici di Coldiretti hanno evocato il concetto di “sovranità agroalimentare” come orizzonte politico da perseguire per la difesa dell’Agricoltura italiana.

Questa loro modalità di appropriarsi del termine di Sovranità Alimentare è ingannevole ed in contraddizione con il concetto stesso che La Via Campesina ha proposto nel 1996 ed stato ripreso attraverso il Pianeta da movimenti ed istituzioni.

Per noi contadini e contadine di ARI e de La Via Campesina, di cui siamo parte, la sovranità alimentare è il diritto e dovere di ogni popolo di coltivare in maniera libera cibo per alimentare la propria comunità senza dover sottostare ai diktat dettati dall’agroindustria, dalle ditte sementiere, dalle politiche agricole neoliberali, dallo strapotere di banche e assicurazioni che si accaparrano le terre agricole, dalla cementificazione della terra agricola ad uso civile con opere inutili o ad uso militare con basi e quanti tentano di imporre un modello agricolo industriale.

Sovranità Alimentare si conquista attraverso una lotta popolare che vede nell’agroecologia contadina il suo pilastro fondamentale. Vive del contrasto dell’élite dell’agroindustria che drena miliardi di soldi pubblici distruggendo e annichilendo l’agricoltura contadina, che resta la vera soluzione ai problemi di sicurezza alimentare e sostegno dei lavoratori che nel campo sono i più sfruttati fra tutti i lavoratori dipendenti di questo paese.

La sovranità alimentare non c’entra niente con il sovranismo. Quello di cui parlano Coldiretti e Meloni è una versione 2.0 della autarchia. La nostra è la battaglia contro gli OGM, vecchi e nuovi, non è la “battaglia del grano”.

E’ obbligo di ogni governo prestare attenzione a quello che succede nei campi e nelle stalle della agricoltura italiana di piccola scala, quelle 800.000 aziende che restano l’asse portante dell’agricoltura italiana malgrado lo stato di deprivazione in cui l’agricoltura italiana sta sprofondando.

“Noi non fabbrichiamo cibo, noi lo produciamo”